Simonetta Lavorati ● 31 Agosto 2023 ● Articoli
Sommario
Cosa è l’invidia e perché esiste
Conoscerci veramente a fondo
Perché si prova invidia
Reazioni all’invidia provata
Riconoscere per scegliere
Invidiosi e invidiati: luci e ombre
Come diventare ciò che vorremmo essere
Dalla conoscenza alla trasformazione e oltre, verso il sentirsi da dio
Un breve ripasso su come riconoscere e trasformare l’invidia per espanderci
Cosa è l’invidia e perché esiste
L’invidia è un’emozione secondaria definita come un sentimento spiacevole che si prova per un bene o una qualità altrui che si vorrebbero per sé, accompagnato spesso da avversione e rancore per colui che invece possiede tale bene o qualità.
Dall’etimologia della parola scopriamo che Invidia deriva da «in-videre», guardare male, di malocchio: l’invidioso è uno che non vede bene. Per tale ragione ha perso la capacità di amare.
Come tutti i vizi capitali di cattolica memoria, l’invidia è diventata un tabù nella odierna società buonista che preferisce negare qualsiasi umana emozione in contrasto con l’ideale di innocenza e perfezione a cui tutti tendiamo più o meno consapevolmente.
In realtà le divinità stesse erano mosse da sentimenti poco edificanti come la gelosia, l’invidia, il rancore, la superbia, l’avidità e molti altri.
Emozioni queste, tutte necessarie a giocare il gioco della vita nella dualità. Giochetto a dir poco ingegnoso ai fini della creazione.
Dalla perenne lotta tra il bene e il male si realizzano infatti quelle meravigliose storie che ci sorprendono e ci emozionano (in senso positivo e negativo), rendendo la vita ricca e degna di essere vissuta.
L’obiettivo finale è quello di riscoprirci divini. E la regola per raggiungere la vittoria é quella di sempre. Conosci te stesso, come recita l’iscrizione sul tempio di Apollo a Delfi.
Conoscerci veramente a fondo
Per arrivare a questo traguardo ambizioso è però necessario conoscerci in ogni aspetto delle nostre infinite sfaccettature. Alcune auspicabili, altre meno edificanti.
E qui nascono le difficoltà, quelle vere. Il sempliciotto essere umano automatico è profondamente certo di conoscersi a fondo, mentre è in balia di ogni tipo di complotto interiore dispiegato al fine di proteggere con ogni mezzo l’ambita innocenza.
O meglio, il potere che scaturisce dall’essere dalla parte della ragione (per gli ingenui che ancora credono che esistano un torto e una ragione).
Impossibile non citare la famosa legge dello specchio. Tutto quello che vediamo nel mondo visibile è la manifestazione di ciò che abbiamo creato con la nostra mente.
I conflitti, i complotti e le numerose manipolazioni da sempre esistenti nella nostra realtà, non sono altro che il riflesso dei nostri conflitti interiori e delle strategie psicologiche che mettiamo in atto per risolverli a nostro vantaggio.
Riusciamo così a mantenere il candore del giusto per salvare le apparenze imposte dalla morale dominante.
Perchè si prova invidia
La tendenza a fare confronti con gli altri è quasi inevitabile in una società omologata e competitiva come la nostra.
Alla base dell’invidia coesistono un desiderio profondo di cui possiamo essere più o meno consapevoli, e un senso di irraggiungibilità che ci genera enorme frustrazione e sentimento di inadeguatezza.
Tali desideri possono riguardare la sfera della libertà, della prosperità in senso lato, e dell’aspetto fisico (ad ogni stagione della vita). Tutte qualità quindi non necessariamente attinenti alla sfera materiale dell’esistenza, quanto piuttosto a quella dell’autorealizzazione a cui inesorabilmente ogni essere umano tende.
Quindi le vittime preferite degli invidiosi saranno persone non convenzionali, un pò fuori dagli schemi. Persone capaci di uscire dall’area di comfort e fare esperienze al di fuori della portata dei più.
L’invidioso sarà tipicamente una persone rinchiusa in una morale castrante e ipocrita che si è accontentata di un tiepido quieto vivere.
Facilmente, sarà riscontrabile all’interno della famiglia. Così come è risaputa l’invidia tra fratelli come nel mito di Caino e Abele, la psicanalisi conosce bene anche l’invida dei genitori nei confronti dei figli (argomento ancora tabù 🫢).
Reazioni all’invidia provata
Quando sentiamo che nel concreto uno di questi obiettivi per noi auspicabili non è alla nostra portata l’autostima cala a picco e si entra in un profondo stato di prostrazione.
A questo punto ognuno di noi può re-agire (ovvero rispondere automaticamente secondo un programma ben preciso) con una delle tre possibili risposte ataviche che l’essere umano ha a disposizione dalla notte dei tempi per la sua sopravvivenza. L’attacco, la fuga , la resa.
Grazie a questo bellissimo meccanismo si creano meravigliose storie con differenti configurazioni, in cui il campo di battaglia non è più la lotta per la sopravvivenza con la bestia feroce. Ma è quello della relazione con l’altro. Le emozioni (e-mozione=muovere all’esterno) sono il vero motore dell’azione che crea la storia.
Strategia dell’attacco:
Chi attacca è un impavido guerriero, spesso molto competitivo, che utilizza prevalentemente un’energia Yang (maschile), anche se non è necessariamente un uomo. Molte donne utilizzano energie tipicamente maschili.
È una reazione molto primitiva a un’emozione troppo scomoda, tanto da non riuscire a riconoscerla. Il senso di sé come persona buona ne verrebbe minacciato e questo sarebbe intollerabile per l’equilibrio psichico della persona invidiosa.
L’attacco si concretizza nella critica feroce, nel disprezzo e nel giudizio malevolo su ogni aspetto dell’esistenza della persona invidiata.
Inutile sottolineare quanto sia tossica la vita dell’invidioso intento a giudicare di continuo il suo bersaglio, non potendo reggere la portata della frustrazione infertagli.
A tal proposito ti invito a leggere l’articolo sul giudizio che ha riscosso un enorme successo tra i lettori. In particolare, potrai vedere l’elevato grado di tossicità energetica dell’invidioso nella mappa di corrispondenza tra corpo e emozioni.
Ovviamente, per rimanere innocenti ai propri occhi è necessario innescare un meccanismo di difesa altrettanto primitivo. È infatti fondamentale rimanere ignari della propria invidia (intollerabile ammetterla a noi stessi).
Il meccanismo è quello dello spostamento e consiste nel cercare lo scontro su un altro terreno di battaglia, che non ha niente a che vedere con quello che suscita invidia.
L’invidioso sposta così la conversazione su argomenti ambigui, dove si possono avere opinioni diverse, oppure su punti di debolezza del malcapitato invidiato. È bravissimo a scovarli. O ancora, inventando di sana pianta eventi inesistenti nei quali si pretende di essere vittime (non lo fa con cattiveria. Semplicemente non ne è consapevole).
Da lì, invidioso sferra l’attacco. Violento, implacabile tanto quanto è grande la sua rabbia che viene cosi sfogata all’esterno.
Ma la reazione risulta anche assolutamente fuori contesto e, come tale, incomprensibile ai più (solo in un primo momento di sorpresa).
A una riflessione più attenta sullo svolgersi degli eventi, l’invidioso primitivo è facilmente sgamabile.
La diffamazione continua sarà il modo per sostenere il sentimento di invidia nel tempo a seguire.
Strategia della fuga:
É quella dei pavidi, che temono il confronto. È una strategia più Yin, femminile. Gioca più sull’astuzia che sull’attacco frontale.
Preferiscono uscire dalla competizione facendo finta di non essere interessati all’argomento. In sostanza è la reazione della volpe che, non riuscendo ad arrivare all’uva, sostiene che era acerba.
Anche qui si è messo in atto un meccanismo di difesa per non entrare in contatto con l’emozione vietata, ma è un po’ più sofisticato rispetto al precedente.
È sicuramente più credibile agli occhi dell’interlocutore o dell’osservatore esterno, ma ha delle implicazioni per chi la prova perchè é un po’ come nascondere la polvere sotto il tappeto. L’Universo non lo consente.
Sopprimendo l’emozione la persona invidiosa dovrà prima o poi farci i conti implodendo al proprio interno con rimuginazioni interiori e malesseri fisici.
Nel sostenere l’emozione nel tempo, anche in questo caso ci sarà una forte propensione a criticare il malcapitato alle spalle.
Strategia della resa:
È l’unica che contiene in sé il seme della trasformazione e della liberazione.
Arrendersi all’invidia significa innanzitutto riconoscerla, anche se inizialmente porta con se tutto il carico di fallimento e di autosvalutazione per l’impossibilità di realizzare il proprio desiderio.
È la reazioni automatica di chi è incline al vittimismo. La chiamo la sindrome di Calimero (quello piccolo e nero).
Ma questo riconoscimento consente anche di fare una scelta diversa che superi il senso di scoraggiamento iniziale.
Se vuoi saperne di più su come funziona il nostro mondo interiore (gli attrezzi per giocare il gioco della vita) ti consiglio vivamente questa lettura di psicologia divulgativa. Reinventa la tua vita, di Jeffrey E. Young e Janet S. Klosko.
Un must per chi desidera avere strumenti di conoscenza per crescere e uscire dalla prigione del conformismo.
Riconoscere per scegliere
Dalla presa di coscienza della nostra invidia, si può decidere di apprezzare l’altro e elevarlo al rango di modello ideale, tema caro a Roberto Assagioli, noto psichiatra del secolo scorso fondatore della corrente psicologica della Psicosintesi.
I vari centri di Psicosintesi sparsi in Italia e nel mondo propongono percorsi di crescita personale alla portata di tutti coloro che desiderano superare i propri limiti attraverso la conoscenza e la disidentificazione dal nostro personaggio imbrigliato nella matrix.
Ma anche da soli possiamo iniziare un processo di trasformazione verso la persona che vorremmo essere. Usciamo dall’immobilità dello status quo per avventurarci su un terreno di crescita e di espansione che ci guida verso la nostra vera auto-realizzazione in armonia con i desideri dell’anima.
È vero che in un mondo che ha stigmatizzato le emozioni negative impendendone il riconoscimento, trasformarle a proprio vantaggio è diventato quasi impossibile.
Ed è proprio su questo fronte che si gioca il futuro di una società matura dal punto di vista psicologico.
Osho, il famoso maestro spirituale del secolo scorso, invitava i suoi seguaci a liberarsi dai tabù di una società moralista, giudicante e punitiva.
Scherzando, come soleva fare per trasmettere delle verità difficili da accogliere, Osho diceva: “Oh che bella invidia!!” E invitava le persone a celebrare anche l’invidia insieme a tutte le cose belle della vita.
Il riconoscimento e l’accoglienza delle proprie emozioni negative diventava così la porta verso la possibilità di un uso costruttivo della sofferenza esistenziale.
Ho sempre apprezzato l’accezione positiva o neutra di certe parole inglesi corrispondenti ai nostri peggiori tabù.
Cosi come per noi italiani essere soli significa essere sfigati, in inglese essere alone significa solo non essere in compagnia. Tale condizione può essere tranquillamente vissuta positivamente da chi desidera stare da solo, oppure in modo neutro. Mentre per chi si sente solo e ne soffre, allora si usa l’aggettivo lonely.
Allo stesso modo in inglese potrei dire: sei così bravo a…! (Qualsiasi condizioni auspicabile che sentiamo di non avere). Sono così invidioso! I’m so envious!
E questo ammettere il nostro desiderio si trasforma magicamente in un bellissimo complimento che ci libera dal risentimento nei confronti della persona che ammiriamo e dalla fuga dai nostri sentimenti meno nobili e eroici.
A ben vedere un’emozione negativa non è altro che un grido dell’anima che ci dice cosa vorremmo essere e dove vorremmo andare, mentre siamo prigionieri di una vita che non ci appartiene più. E stata decisa dagli altri anche se non ne siamo consapevoli.
Invidiosi e invidiati: luci e ombre
L’Universo è così perfetto che non permette incontri casuali tra le persone. Il mito della vittima e del carnefice è solo un gioco di specchi per mettere in luce aspetti rimasti nell’ombra in entrambi.
Sembrerà paradossale, ma ogni vittima attira il suo carnefice e ognuno ha una funzione costruttiva per l’altro.
Nel libro Il femminile nelle fiabe, Marie-Louise Von Franz ci dice espressamente che tanto più si conosce la nostra cattiveria, tanto più si è capace di proteggersi da quella degli altri.
Se estendiamo il concetto a ogni aspetto negativo del nostro mondo interiore, comprendiamo facilmente che attiriamo invidiosi quando non siamo entrati in contatto con la nostra invidia.
Magari la nostra invidia si manifesta con una reazione diversa da quella dell’altro (attacco, fuga o resa).
E abbiamo già visto come le reazioni automatiche abbiano una funzione di protezione. Ci consentono di negare le nostre emozioni intollerabili, come se non ci appartenessero. Ma a ben scavare, potremmo trovare delle sorprese.
Scoprire aspetti di noi rimasti nell’ombra è sempre un arricchimento impagabile nel percorso di conoscenza di sé, se abbiamo abbastanza coraggio (cor-aggio=agire con il cuore) per accoglierli.
A questo punto è evidente che il nostro acerrimo nemico diventa il nostro più valido alleato nel nostro percorso evolutivo.
Paradossalmente, portando alla luce il nostro lato ombra diventiamo artefici del nostro cambiamento e anche di quello del nostro interlocutore, se solo lui vorrà accoglierlo.
Come diventare ciò che vorremmo essere
Ma allora, cosa fare se siamo attaccati da persone invidiose?
Innanzitutto, ringraziamo gli invidiosi che ci permettono di valorizzare aspetti di noi che davamo per scontati e che non ritenevamo degni di apprezzamento.
Un grazie di cuore per l’incommensurabile iniezione di autostima che non avremmo mai saputo fornirci da soli.
Ma, allo stesso tempo, iniziamo a cercare l’invidia in noi con sincerità, senza difese e senza inutili scuse.
Si tratta solo di giocare al gioco della vita. Una perenne caccia al tesoro nascosto nelle profondità del nostro inconscio.
L’auto-osservazione e la meditazione Mindfulness ci consentiranno di conoscerci più a fondo, accettare le nostre emozioni negative e gestirle amorevolmente come fossimo i genitori di un bambino invidioso a cui è stato impedito di esprimere questa emozione.
Solo l’accettazione porta alla trasformazione, realizzando la celebre sublimazione, nota anche come la trasformazione alchemica del piombo in oro.
Non a caso, anche nel Cattolicesimo ai 7 vizi capitali corrispondono le 7 virtù celesti verso cui tendere.
La virtù corrispondete all’invidia è la carità che in buona sostanza è l’amore. Perché tutto è amore.
Amore prima di tutto per noi stessi che impariamo ad apprezzare la nostra unicità.
Autorizzandoci a brillare della nostra luce ci immunizziamo dal bisogno di fare inutili comparazioni e competizioni.
Entriamo cosi nel nuovo mondo, quello della cooperazione, dove la dualità, ovvero l’eterna contrapposizione tra il bene e il male, viene superata. E l’etica (il sentire nel profondo del proprio Essere ciò che è giusto e ciò che non lo è) prende il posto della rigida morale, unica fonte e nutrimento dell’ombra.
Dalla conoscenza alla trasformazione e oltre, verso il sentirsi da dio
E da questa apertura del cuore possiamo fare delle meditazioni specifiche per sintonizzarci sulla frequenza di ciò che vogliamo essere, ovvero sulla qualità che desideriamo sviluppare. Salute, bellezza, giovinezza, prosperità, genialità e molte altre….
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Un breve ripasso su come riconoscere e trasformare l’invidia per espanderci
In buona sintesi si tratta di:
- notare che abbiamo ripetutamente a che fare con persone invidiose
- ringraziarle interiormente per l’apprezzamento
- ringraziarle per averci fatto conoscere il nostro desiderio nascosto
- cercare l’invidia dentro di noi e scovare la nostra modalità reattiva (attacco, fuga o resa)
- accoglierla interiormente, autorizzando il nostro bambino interiore a provare l’invidia
- trasformare l’invidia in apprezzamento senza svalutarci
- focalizzarci sulle caratteristiche del nostro modello ideale per migliorarci
- sintonizzarci sulla frequenza del nostro desiderio per realizzarlo
- applicare il sentiero del sentirci da dio per ogni altro desiderio
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